Ormai, alla poca chiarezza fiscale regnante sull’esercizio dell’attività dei “Compro Oro”, che ha prodotto numerose verifiche tributarie in esecuzione dell’operazione a progetto “Gold Scrap” (rivendicazione del regime del margine art. 36 D.Lgs. 41/95 in sostituzione del meccanismo del Reverse Charge art. 17, co. 5, D.P.R. 633/72 nella cessione dei rottami auriferi)
e che ha generato contenziosi molto spesso risultati improduttivi per l’Amministrazione Finanziaria, oggi, si aggiunge il tormentone dello strumento delle “indagini finanziarie” quale sistema di accertamento di recente attualità operativa messo in campo dall’Amministrazione Finanziaria che va sempre più perfezionandosi; le comunicazioni che gli intermediari finanziari sono obbligati a fare all’Anagrafe Tributaria circa le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all’art. 7, co. 6, del D.P.R. n. 605 del 1973, ne rappresentano una lampante testimonianza.
In buona sostanza, vengono passati al setaccio i conto correnti degli operatori economici assoggettati a verifica per ricercare le eventuali incongruenze tra le movimentazioni bancarie e le rilevazioni contabili che produrrebbero maggiori importi da recuperare a tassazione. Infatti, se non si riesce a dimostrare al Fisco che i movimenti di conto corrente (prelevamenti, versamenti, ecc.) hanno una capienza contabile e/o siano stati accorpati alla base imponibile dichiarata, gli stessi possono essere utilizzati come rettifica della stessa (rif. imposte dirette art. 32, co.1, nn.2) e 7), D.P.R. 600/1973 – rif. IVA art. 51, co.2, nn. 2) e 7), D.P.R. 633/1972).
Oltre ogni possibile considerazione e condivisione sul metodo di accertamento innovativo in generale e sempre più attuato dal punto di vista empirico, che si basa sulla evasione di richieste di informazioni finanziarie fatte dall’Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e Commissione Tributaria, agli Operatori Finanziari, circa i rapporti finanziari trattenuti tra contribuente accertato e “Istituti” di riferimento, ciò che risulta singolare è che tale strumento di indagine applicato a questo settore particolare (commercio dell’oro e suo indotto), ed ancor più nello specifico alle attività di “Compro Oro”, finisce col penalizzare ulteriormente tali operatori per la tipologia di movimentazioni finanziarie prodotte e legate ai molteplici prelevamenti fisiologicamente effettuati nel corso dell’esercizio fiscale ed occorrenti a soddisfare le disponibilità liquide in danaro contante di cui gli stessi necessitano per l’acquisto dei preziosi.
In pratica sta accadendo molto spesso, per assurdo, che giacché i singoli importi riferiti ai vari prelevamenti effettuati non corrispondano al totale degli acquisti giornalieri registrati, i soggetti verificatori prima, e gli accertatori dopo, dispongano il recupero a tassazione delle differenze rivenienti da tali operazioni finanziarie; di fatto, si sostiene che, alla luce del principio dell’assenza del beneficiario da parte del contribuente e dell’inversione dell’onere della prova e/o prova contraria (circolare 1/2008 del Comando Generale G.di F.) a carico dello stesso, statuiti dallo strumento delle indagini bancarie quali presupposti per la determinazione di un maggior reddito imponibile, tali somme siano da considerarsi, per presunzione legale, quali ricavi o compensi.
Naturalmente, è di facile intuizione comprendere che le modalità intraprese nonché le presunzioni tributarie rivendicate dagli addebitanti risultano contenere presupposti basati sul una scarsa ed illogica fondatezza; si pensi al fatto che non è stato in alcun modo considerato che gli importi prelevati, se pur numerosi e di considerevoli entità, sarebbero serviti per fronteggiare gli acquisti non solo del giorno corrispondente al prelievo ma anche per quelli successivi fino a concorrenza del residuo ammontare liquido disponibile. Insomma verrebbe spontaneo chiedersi: “ci si è? o, ci si fa?”.
Resta il dato che l’attività di “Compro Oro”, proprio per la sua tipica e necessaria movimentazione finanziaria di ingenti quantità di danaro, sta divenendo, ulteriormente, facile preda da parte del Fisco e dei suoi strumenti di indagine, molto spesso generalizzanti, e mancanti di quelle peculiarità tecniche specifiche che servirebbero a “cogliere nel segno”. Anche perché, non si trascuri che le verifiche tributarie inadeguate si traducono non solo in generazione di problemi di diversa natura per il contribuente (pretese pecuniarie, sanzionatorie civili e/o penali, disagi gestionali, ecc.) ma anche e soprattutto in aggravi onerosi per la “macchina” dello Stato e per l’Erario.
Dunque, ben vengano i controlli, “adeguati” nella forma e nella sostanza, che possano fare emergere, da un lato e quando necessario, operazioni tese al raggiramento dell’imposizione fiscale, ma dall’altro appalesare delle realtà imprenditoriali “positive” (operatori che svolgono correttamente la propria attività nel rispetto della piena legalità), purché non si trasformino nell’ennesima “caccia alle streghe” penalizzando così gli operatori onesti e rispettosi della legge, i quali, piuttosto, potranno cogliere da questa situazione la possibilità di veder “sgombrato” il campo da tutti quei soggetti (parte minoritaria) che pregiudicano l’intero settore di attività economica.
Tanto, si va ad aggiungere alla già troppo delicata questione di mancanza di una normativa specifica di riferimento (aspetti amministrativi, fiscali, operativi, ecc.) per l’esercizio dell’attività tipica di “Compro Oro” che, oggigiorno, è divenuta una realtà commerciale praticata facente parte integrante l’intero settore aurifero e dell’intera economia nazionale ed internazionale che potrebbe ostentare i propri lati migliori e non essere sempre additata, in modo pregiudizievole, come la causa di ogni malefatta ed il capo espiatorio di ogni colpa.
È importante fare presto e creare, quanto prima, previo uno smarcamento di natura politico-istituzionale, un clima di limpida operatività che possa rivendicare traguardi guadagnati e scevri da presunte malversazioni che danneggiano gli operatori e la libera iniziativa del “fare impresa” che è una legittima prerogativa del nostro apparato costituzionale.
Autore: dott. Nunzio Ragno
Presidente Associazione Nazionale “Tutela I Compro Oro”
dottore commercialista – revisore legale dei conti