La Provinciale di Cagliari ammette l’applicazione del meccanismo nelle cessioni di preziosi usati e/o avariati a fonderie
La tanto dibattuta questione sull’applicazione del reverse charge nella cessione di oggetti preziosi usati e/o avariati effettuate dai “Compro Oro” ai propri cessionari incassa un’altra vittoria: con la sentenza n. 216/05/13 del 31 ottobre, infatti, la C.T. Prov. di Cagliari, oltre ad accogliere il ricorso, con conseguente annullamento dell’atto impositivo, ha condannato l’ufficio al pagamento delle spese del giudizio…
Elemento di particolare rilievo, alla luce della propensione delle Commissioni tributarie nel ricorrere a quanto previsto dall’art. 92. comma 1 c.p.c.: richiamato nell’art. 11 comma 1 del DLgs. n. 546 92. che porterebbe ad escludere la presenza, ai fini della condanna alle spese: di “gravi ed eccezionali ragioni”, quali l’obiettiva incertezza sulla fattispecie oggetto di controversia, la novità e complessità della questione e precedenti giurisprudenziali contrastanti.
I giudici di primo grado hanno posto l’accento sul concetto di “esclusiva destinazione a fusione degli oggetti ceduti”, in virtù tanto della peculiare e unica attività esercitata dal soggetto cessionario (lavorazione e fusione), quanto dell’oggettiva assenza della contestuale commercializzazione di gioielleria ad uso ornamentale da parte dello stesso.
Un ricavato di prassi, questo, già introdotto dalla ris. n. 375. 2002 e successivamente ripreso, a più tappe, dall’Agenzia delle Entrate, anche su base territoriale, con i pareri 5 settembre 2013 (DRE Emilia Romagna, risposta all’interpello 09-21S 2013). n. 136454 2010 (Agenzia delle Entrate, in risposta ad interpello della DRE Emilia Romagna), n. 35481.2011 (DRE Toscana), n. 130749 2011 (DRE Lombardia), fino ad arrivare all’ultimo, il n. 82064 del 22 luglio 2013. divulgato dalla DRE Lombardia. In tali documenti, frutto di vari interpelli, viene rimarcata la possibilità di poter assolvere l’ IVA, nelle cessioni di oggetti preziosi usati e o avariati, con il meccanismo del reverse charge (art. 17. comma 5 del DPR 633/72). solo ed esclusivamente quando non vi è un’oggettiva suscettibilità al consumo finale con conseguente assimilazione al ”materiale d’oro” degli stessi oggetti preziosi ceduti che rappresenterebbero, di fatto, rottami di gioielli d’oro.
Naturalmente, gli assunti di prassi fiscale trovano capienza nella puntuale e doverosa differenziazione tra la nozione di “materiale d’oro” e “prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi” distinta dall’oro da investimento di cui all’art. 1. comma 1. lett. a) della L. 7.2000. Fondamenti che traggono origine dai “Chiarimenti in materia di oro – Banca d’Italia” del giugno e dicembre 2001. con i quali è stato affermato che per materiale d’oro si intende “materiale ad uso industriale*’ e per semilavorati quei prodotti che non risultano diretti ad uno “specifico uso o funzione’.
Da ciò si trae, quindi, che la vendita di prodotti finiti d’oro usati, ceduti sotto forma di rottami a soggetti passivi che effettuano la lavorazione di oro industriale, anche se sotto l’aspetto merceologico non rappresentano “oro industriale”, possono essere assimilati, ai fini IVA. a quest’ultimo prodotto, in considerazione dell’univoca destinazione del metallo prezioso alla lavorazione da parte del cessionario (cfr. citati pareri 136454.2010 e 82064 2013).
Tale concetto di assimilazione porta all’applicazione di quanto introdotto dall’art. 4. comma 3 della L. 7.2000 (comma 5 dell’art. 17 del DPR 633/72 – reverse charge). riservato anche al “materiale d’oro”, nelle cessioni di oggetti preziosi usati e o avariati a fonderie: prerogativa tipica dell’attività del “Compro Oro”, che acquista beni preziosi da privati per cederli, nella la maggior parte dei casi, a soggetti deputati ad attività di lavorazione e fusione.
Per converso, la C.T. Prov. di Cagliari prosegue nel ritenere inapplicabile, nel caso di specie, il regime del margine, in quanto i beni acquistati sono stati ceduti per la sola fusione, pagati in base al peso e non al loro pregio, ma soprattutto non rivenduti liberamente a privati quali beni usati: condizione, quest’ultima, che a parere dei giudici tributari, e non solo, non avrebbe dato senso all’assolvimento dell’ IVA calcolata sul margine di profitto tra acquisto e vendita degli stessi beni trattati.
Autore: dott. Nunzio Ragno
Presidente Associazione Nazionale “Tutela I Compro Oro”
dottore commercialista