L’Antico, Associazione nazionale tutela il comparto dell’oro, ha presentato al governo, al ministro dell’Economia e delle Finanze e alla direzione V, dipartimento del Tesoro del ministero e dell’Economia e delle Finanze una richiesta di emendamenti finalizzata alla rimodulazione dell’articolo 4, comma 2 del decreto legislativo n. 92/2017 in materia di limitazione all’utilizzo del contante, chiedendo inoltre di convocare un tavolo tecnico per un confronto sulle osservanze rivenienti dallo stesso decreto.
“Anche a seguito di precedenti azioni volte all’innalzamento del limite l’utilizzo del contante, alle quali non è stato dato riscontro (esposto alla presidenza della Repubblica) – scrive l’associazione – Antico ha reso noto alle istituzioni interpellate la paralisi delle attività esercitate da parte di vari soggetti che si sono autosospesi dal commercio di oggetti preziosi usati a causa sia del forte timore riveniente dall’incertezza normativa che dall’eccessivo utilizzo restrittivo del contante nelle transazioni di compravendita di oggetti preziosi usati; di conseguenza, la restrizione dei volumi d’affari registrati con conseguente condotte illecite che vanno oltre ogni previsione normativa”.
L’associazione ha rimarcato la necessità di revisionare ovvero emendare il limite di 500 euro all’utilizzo del contante, di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 92/2017 riconducendo tale soglia a 3.000 euro, così come disposto per altre categorie di impresa dall’articolo 49 del decreto legislativo n. 231/2007 e successive modifiche e integrazioni.
“La situazione è divenuta insostenibile dal punto di vista operativo; molte attività stanno accusando il colpo dei 500 euro in quanto i propri clienti non si soddisfano di quella liquidità da utilizzare per fini personali – ha sottolineato Nunzio Ragno, presidente dell’Antico – . Il rischio affrontato è serio, se si pensa al potenziale e ipotetico ricorso a pratiche commerciali illecite e fuori dalle norme, eventualmente adottabili dagli operatori; oltre al fatto che di tale limitazione non se ne comprende né la portata, né la unidirezionalità verso una specifica categoria di soggetti economici. Si pensi al fatto che il riciclaggio si può benissimo eseguire in tutte le attività di impresa, come, ad esempio, nella rete di ristoranti poste sotto sequestro di recente nella capitale. Questo sta a dimostrare che non è il settore specifico che fa la differenza, ma l’assenza di precise indicazioni normative con relative e incidenti azioni deterrenti effettuate dagli organi di controllo preposti. Il nuovo decreto antiriciclaggio per i compro oro sta già gravando oltremodo sotto l’aspetto dell’osservanza agli obblighi introdotti, non bisogna esagerare altrimenti si otterrà l’effetto contrario a quanto prefissato; cioè l’inibizione dell’esercizio di una attività economica, che oltre a quanto prodotto, inciderebbe sull’economia nazionale nonché sulle casse dello stato”.
Nelle richieste presentate alle autorità, l’associazione di categoria ha espressamente sollecitato l’istituzione di un tavolo tecnico (già richiesto in data 10 luglio) finalizzato al chiarimento degli aspetti tecnici operativi, legati all’interpretazione del testo letterale del decreto legislativo n.92/2017 e sue disposizioni.
“Non avendo ottenuto alcun riscontro in merito – scrive l’associazione – ribadiamo che la situazione generale legata all’impatto normativo sull’esercizio dell’attività di compro oro suggerisce una più intensa e ravvicinata interlocuzione tra soggetti rappresentativi (quale Antico) e istituzioni di riferimento affinché venga garantito un impatto migliore delle nuove disposizioni normative. Il perdurare di chiarimenti legati alle richieste espresse su alcuni punti non contemplati e/o poco chiari del decreto, genera, oltre che tanta confusione interpretativa, imperfetta e soggettiva operatività da parte degli operatori compro oro”.
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