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ORO E REVERSE CHARGE: IN ARRIVO CON LA LEGGE DI BILANCIO 2017 L’ESTENSIONE AI METALLI PREZIOSI E SEMILAVORATI – Leggi l’articolo a cura del dott. Nunzio Ragno e del dott. Giuseppe Quarticelli

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Il percorso formativo della Legge di Bilancio 2017 prevede l’attesa riforma del comma 5 dell’art. 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 che, estendendo l’applicazione dell’inversione contabile, oltre all’oro da investimento (con opzione esercitabile) e al materiale d’oro ad uso industriale di cui all’art. 3, comma 4 della Legge 7/2000, contempla l’assoggettamento a tale meccanismo IVA di altri metalli preziosi quali, l’argento il palladio e il platino.

L’emendamento apportato dalla Commissione Finanze amplia l’applicazione del Reverse Charge sia alla cessione di materiali e/o semilavorati d’oro che di materiali e/o semilavorati di altri metalli preziosi di purezza pari o superiore a 500 millesimi, nonché alle cessioni di oggetti finiti usati, d’oro e/o di altri metalli preziosi, destinati ad essere fusi e/o affinati, anche nel caso in cui gli stessi rechino materiali gemmologici.

In buona sostanza gli imponibili riferiti ai metalli preziosi, oltre l’oro, ed ivi incluso l’argento sotto forma di materiali di metalli preziosi e semilavorati diventano assoggettabili all’inversione contabile con IVA assolta dal cessionario e non più con l’imposta esposta al 22%; alla pari dicasi anche per quelli oggetti preziosi (oreficeria e gioielleria), sia d’oro che di altri metalli preziosi, che vengono destinati per “vocazione” alla fusione. Tra questi vanno compresi anche gli oggetti contenenti gemme di valore (diamanti, rubini, zaffiri, ecc.) facenti parte della struttura finita del bene prezioso ceduto e insuscettibile di un ulteriore consumo finale.

Riferito ai metalli preziosi, la normativa IVA ad oggi vigente appare differenziata nonché legata alla purezza e alla forma degli stessi metalli; difatti, mentre per gli altri metalli preziosi (platino, palladio) l’imposta IVA è applicata in modo ordinario, la cessione dell’argento è assoggettata a IVA ordinaria quando la purezza è inferiore a 900 millesimi e a Reverse Charge quando la purezza è uguale o superiore a 900 millesimi dove la forma ricoperta deve essere in lingotti o in grani, ai sensi del comma 10, art. 3 della Legge n. 7 del 2000.
La stessa Legge n. 7/2000 di liberalizzazione del commercio dell’oro, a livello fiscale, con l’art. 3 ha introdotto il nuovo comma 5 all’art. 17 del DPR n. 633/’72, il quale dispone l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile IVA nelle cessioni dell’Oro da Investimento in forma opzionale, nonchè nelle cessioni di Materiale d’oro ad uso industriale in regime naturale.

L’articolo 3, inoltre, al comma 3, lettera b), contiene una modifica alle disposizioni IVA contenute al n. 11) dell’art. 10 del DPR n. 633/72 da cui discende che le cessioni di oro di purezza uguale o superiore a 995 millesimi e le monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi sono effettuate in esenzione IVA (art.10, Dpr 633/72)) e considerate operazioni finanziarie. Sulla base del testo dell’articolo citato, gli operatori produttori di oro da investimento e i trasformatori di oro in oro da investimento, possono optare per l’applicazione dell’imposta IVA con il metodo del Reverse Charge, anche in relazione a ciascuna cessione, comunicando l’opzione attraverso il quadro VO, rigo 13, della Dichiarazione IVA, con le modalità ed i termini previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.
In riferimento all’esercizio dell’opzione IVA, la Legge Finanziaria 2000 (rif. Circolare del 16/11/2000 n. 207 – Min. Finanze), al comma 1 dell’art. 41 del Collegato Fiscale, estende tale facoltà anche a soggetti che si limitano solo a commercializzare oro da investimento.

In particolare, la disposizione intende consentire a questi ultimi soggetti di beneficiare, attraverso l’opzione per la tassazione, della detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti ed importazioni di beni e servizi, che rimarrebbe preclusa nel caso in cui i predetti operatori effettuassero cessioni di oro da investimento esenti. Infatti, l’art. 19, comma 3, lett. d), del citato DPR n. 633 del 1972, consente, in relazione alla effettuazione di cessioni di oro da investimento esenti, la detrazione dell’IVA assolta a monte su tutti i costi esclusivamente a coloro che producono oro da investimento o trasformano oro in oro da investimento.

Il successivo comma 5-bis del citato art. 19 accorda ai soggetti diversi da quelli sopra menzionati la possibilità di detrarre l’IVA, limitatamente agli acquisti di oro diverso da quello da investimento destinato ad essere trasformato per conto degli stessi soggetti, ovvero di oro da investimento la cui cessione e’ avvenuta con addebito di imposta; la medesima detrazione è consentita anche con riferimento alle prestazioni di servizi consistenti in modifiche della forma, del peso o della purezza dell’oro, mentre resta indetraibile l’imposta assolta sull’acquisto di altri beni e servizi.

La vendita di oro fisico in esenzione ai sensi dell’articolo 10, DPR n. 633 del 26 ottobre 1972, pertanto, non impone simmetricamente l’indeducibilità dell’IVA assolta sugli acquisti; però, mentre per i produttori o i trasformatori di oro (comma 3, lett. d), art. 19 del decreto IVA) l’imposta assolta sugli acquisti è totalmente deducibile; per i commercianti di oro che operano in esenzione, la deducibilità dell’IVA assolta sugli acquisti è limitata all’imposta applicata sull’acquisto di oro e non anche su altre spese.
Inoltre, è importante porre la dovuta attenzione sulla circostanza che l’opzione prevista dall’art. 10, n. 11), del DPR n. 633 del 1972 può essere esercitata solo per le cessioni di oro da investimento effettuate nei confronti di soggetti di imposta che agiscono nell’esercizio di imprese, arti o professioni, i quali hanno la possibilità di recuperare l’imposta loro addebitata attraverso il meccanismo della detrazione, mentre le medesime cessioni effettuate nei confronti di privati consumatori continuano ad essere necessariamente esenti da IVA.

Finanche per l’Oro fino in lamine, il comma 2 dell’art. 41 del Collegato fiscale (legge finanziaria 2000), modificando l’art. 3, comma 11 della legge 17 gennaio 2000, n. 7, concernente la “Nuova disciplina del mercato dell’oro”, ha definito il corretto ambito di applicazione dell’imposta indiretta imponendo l’assolvimento con il meccanismo dell’inversione contabile di cui all’art. 17, comma 5 del Dpr 633/72 introdotto dall’art. 3, comma 4 della Legge 7/2000.
Pertanto, gli effetti dell’entrata in vigore della legge n. 7 del 2000, modificata dal collegato fiscale, ha riservato, di fatto, l’applicazione del regime di esenzione IVA, esclusivamente, all’oro da investimento sotto forma di lingotti e placchette di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), legge 7/2000; invece, per le altre forme di oro, ivi incluse le lamine in oro puro nonché per l’oro industriale, rimane l’applicazione del reverse charge.

In tale scenario si colloca la previsione modificativa dell’attuale e, non espressamente chiara, normativa IVA ricadente sul comparto aurifero e dei metalli preziosi che necessita, ancor oggi, di una riforma organica e specifica di settore.

ORO E REVERSE CHARGE - LEGGE DI BILANCIO 2017 (117.3 KiB)

 

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