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CONTESTAZIONI IVA ALL’ATTIVITA’ DI “COMPRO ORO” CON DUE LINEE DIFENSIVE – Leggi l’articolo a cura del dott. Nunzio Ragno

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Sulla spinosa questione della corretta applicazione dell’IVA (reverse charge – regime del margine) in materia di cessione di oggetti preziosi usati e/o avariati effettuata dai “compro oro” alle fonderie, va sempre rafforzandosi un atteggiamento difensivo fondato su due orientamenti:


– mancanza di prove sullo stato degli oggetti ceduti;
– prerogative soggettive ed oggettive del soggetto destinatario (destinazione esclusiva e incondizionata degli oggetti a fusione con successiva produzione di materiale industriale e/o oro da investimento).

Infatti, sia gli organi amministrativi (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) che giudiziari (Commissioni tributarie) si vedono recriminare contestazioni mirate sia al riconoscimento dello stato di oggettiva indimostrabilità sulla determinazione della natura degli oggetti ceduti (beni preziosi usati o rottami auriferi) sia alla relativa loro destinazione con conseguente riutilizzo del ricavato di fusione.

Diversi documenti di prassi (amministrativa/fiscale) emanati, a partire dalla risoluzione n. 375 del 28 novembre del 2002 fino ai più recenti (tra gli altri, parere DRE Toscana del 1° settembre 2011 prot. 911-35481) non sono riusciti a chiarire le idee sulla questione, nonostante risultasse abbastanza chiaro il loro contenuto letterale; cioè, sembra essere assolta la possibilità di applicazione del “reverse charge”, nei casi di cessione degli oggetti a fonderie che si occupano solo ed esclusivamente di fusione degli stessi.

Assumono, quindi, primaria importanza i concetti di “destinazione” e di relativo “utilizzo” dei metalli ceduti, nonché la qualifica specifica della natura degli oggetti stessi “rottami auriferi”; si parte dall’insuscettibilità al consumo finale con conseguente “assimilazione al materiale d’oro” (ris. 375), “dall’univoca destinazione del materiale d’oro al ricondizionamento” a cura del cessionario (parere DRE Toscana), fino “all’assimilazione”, ai fini IVA, all’oro industriale dei prodotti usati d’oro finiti ceduti a soggetti passivi che effettuano esclusivamente attività di lavorazione.

Con l’azione a progetto denominata “Gold Scrap” (Agenzia e GdF), emerge chiara la contraddizione in termini da parte dell’Amministrazione finanziaria che, mentre dipana ogni dubbio sulla questione con l’emanazione di diversi ed importanti documenti di prassi (alcuni sopra citati), inveisce sulla categoria dei “compro oro” eseguendo controlli a tappeto che hanno generato importanti pretese fiscali di “presunta IVA evasa”, che, nella maggior parte dei casi, sono state oggetto di contenzioso.

La difesa tributaria dei “compro oro” sulle contestazioni mosse dagli organi di verifica e da quelli di accertamento si è orientata su due diverse strategie difensive.

La prima si fonda sulla mancata prova dello stato degli oggetti; gli addebiti dell’organo verificatore si fondano su dati non dimostrati. Infatti, le pretese erariali sono spesso: i preziosi acquistati dai cosiddetti “compro oro” sono “beni usati finiti” e non “rottami d’oro” e, rimanendo tali all’atto di vendita devono essere assoggettati alla relativa disciplina IVA (regime del margine). Tale asserzione, però, non risulta adeguatamente provata, dimostrabile e fondata in violazione dell’art. 54 del DPR 633/72, in quanto trattasi di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (tra le altre, si veda C.T. Prov. Taranto n. 83/4/13 del 6 marzo scorso).

Il secondo orientamento difensivo si basa, invece, sul riconoscimento della legittimità dell’applicazione del regime di reverse charge nella cessione degli oggetti di gioielleria usati e/o avariati al di là della loro condizione merceologica, in quanto la destinazione a fonderia e, quindi, a fusione e trasformazione, li assimila, ai fini IVA, al “materiale d’oro ad uso industriale” di cui all’art. 1 della L. 7/2000.

Tali indicazioni, contenute nella ris. 375/2002, in seguito ribadite e meglio chiarite da alcune DRE, come quella della Toscana citata, sono state riconosciute da diverse Direzioni Provinciali dell’Agenzia (tra cui la Direzione Provinciale I di Napoli, annullamento in autotutela del 4 ottobre 2012) ed adottate da Commissioni tributarie sia provinciali che regionali, tra le quali la C.T. Prov. Foggia n. 01/01/12 del 4 gennaio 2012.

Si potrebbe ben concludere e sperare che gli “organi primari di Stato” intenti al controllo e alla repressione dell’evasione fiscale, nel riconoscimento delle proprie linee di intervento emanate sotto diversa forma e natura al fine di migliorare l’applicazione di normative non proprio puntuali, possano sposare una condotta più omogenea e più coordinata tra di loro, per migliorare la propria coerenza operativa, non disattendendo le indicazioni contenute negli stessi documenti di prassi formulati.

dott. Nunzio Ragno

Autore: dott. Nunzio Ragno
Presidente Associazione Nazionale “Tutela I Compro Oro”
dottore commercialista – revisore legale dei conti

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